È arrivata la primavera
Dalle ore dieci e un minuto del 20 marzo, con lo scoccare dell’equinozio, siamo entrati ufficialmente nella primavera 2025. Evento giustamente accompagnato, in diverse regioni italiane, da abbondanti piogge e abbassamento delle temperature.
Come sappiamo tutti, l’equinozio non indica quando i cavalli non stanno facendo nulla, bensì il momento in cui la durata del giorno (o meglio del dì, astronomicamente parlando) è uguale* a quella della notte. Agli equinozi, nei cieli terrestri il Sole sorge esattamente a est, tramonta esattamente a ovest e - lungo l’equatore - passa per lo zenit. Tale identica durata vale per ogni latitudine terrestre (ad esclusione dei poli) in quanto, in quell’occasione, l’asse polare terrestre si trova perpendicolare alla direzione del Sole.
È, quest’ultima, una condizione rispettata soltanto nei due punti dell’orbita terrestre corrispondenti alle date degli equinozi. Lungo tutto il resto di tale orbita, la Terra rivolge al Sole alternativamente il polo nord o il polo sud, a causa della ben nota inclinazione dell’asse polare del nostro pianeta, generando la diversificazione della durata del giorno a seconda della latitudine sulla superficie terrestre. Questa inclinazione, pari a 23 gradi e 27 primi rispetto alla perpendicolare, determina l’avvicendarsi delle stagioni e la durata del giorno nei due emisferi terrestri.
Già, ma come sarebbero le stagioni e la durata del giorno, qualora l’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra rispetto alla perpendicolare del piano dell’orbita intorno al Sole, fosse sostanzialmente diversa da questi fatidici 23 gradi e 27 primi d’arco.
Se fosse pari a zero, cioè con l’asse terrestre perpendicolare al piano della sua orbita, semplicemente non ci sarebbero stagioni e durate diversificate del giorno. La Terra si troverebbe sempre con l’asse polare perpendicolare rispetto alla direzione del Sole, ogni notte e dì dell’anno durerebbero ciascuno 12 ore su qualsiasi punto della Terra ad esclusione dei poli, dove invece si avrebbe tutto l’anno un Sole perennemente posizionato al tramonto. Le regioni immediatamente adiacenti ai poli, durante la “notte” sarebbero in realtà immerse in un immutabile crepuscolo, mentre la temperatura sulla superficie terrestre non avrebbe cicli stagionali.
All’opposto, se l’asse di rotazione terrestre fosse orizzontale, parallelo al piano dell’orbita intorno al Sole, l’alternarsi del giorno e della notte sarebbe piuttosto diverso da come lo conosciamo. Avremmo ancora uguaglianza di notte e giorno su tutto il pianeta (poli esclusi) in corrispondenza dei punti equinoziali dell’orbita terrestre, ma nel resto dell’anno, anche in regioni temperate come le nostre, luce e buio durerebbero entrambi ininterrottamente un certo numero dei nostri giorni. Nei due punti dell’orbita esattamente intermedi agli equinozi, cioè nei solstizi, avremmo invece, in tutto l’emisfero del pianeta in cui è giorno, un Sole che non si alza e né si abbassa rispetto all’orizzonte, scorrendo parallelo ad esso.
* A voler essere pignoli, in entrambi gli equinozi il dì è leggermente più lungo della notte. Infatti, essendo il disco del Sole non puntiforme, ma avendo un certo diametro apparente, visto dal nostro pianeta (mediamente 32 minuti d’arco, poco più di mezzo grado), ciò fa sì che la parte superiore del disco solare continui ad illuminarci per un altro minuto, dopo che il centro del disco solare ha toccato l’orizzonte al tramonto. E, per lo stesso motivo, al mattino il disco del Sole comincia ad apparire un minuto prima, dell’alba geometrica.